Teach in an entertaining way. Il difficile rapporto tra edutainment e didattica
Let me edutain you. Così, nel 1999, il New York Times titolava un commento – un tantino critico – sulla trasformazione della didattica universitaria in America alla fine del millennio. A corredare il testo, la caricatura di un professore che si atteggiava a giocoliere per intrattenere il suo pubblico. Il messaggio era chiaro: i docenti, per ottenere valutazioni di gradimento più generose da parte degli studenti, tendono a “spettacolarizzare” le lezioni e a trasformare la formazione in intrattenimento. Tutto a scapito, dello “studio vero”, ovviamente. «Perhaps – scriveva il commentatore – the most disturbing revelation of student evaluations, however, is the extent to which every class has become a show and every instructor a personality.» E in più riportava le parole di uno studente: «The professor knows how to teach in an entertaining way (almost like TV)».
Teach in an entertaining way. In effetti potrebbe essere uno slogan perfetto per presentare l’edutainment. Ma come elemento positivo di crescita e sviluppo: non come espressione di un peggioramento.
In fondo – con buona pace del commentatore –, insegnamento e edutainment hanno molto in comune. D’altronde, se insegnare fosse solamente esibire erudizione, non servirebbe alcuna competenza specifica; e non sarebbe uno dei mestieri più difficili del mondo. «Too many students now choose the pleasurable over the valuable.» – conclude il columnist del NYTimes. Ma, forse, rendere comprensibile e piacevole ciò che è vasto e complesso richiede del lavoro in più e delle competenze che molti docenti non possiedono e che invece dovrebbero possedere. Perché, in fondo, se quello che conta è l’obiettivo – trasmettere delle conoscenze – ci si potrebbe accorgere che l’edutainer è più efficace – ed efficiente – di chi non lo è.
Da Walt Disney alla televisione, dall’infotainment ai talk show, al web. Come l’edutainment è diventato un elemento centrale per la diffusione di contenuti multimediali
Ma non stiamo dicendo niente di nuovo. Quando Dante Alighieri, esattamente settecento anni fa, finiva di comporre la sua Commedia (quella che poi Boccaccio avrebbe fatto diventare Divina), immaginava un poema, appunto, didascalico; in grado, cioè, di far comprendere a tutti, attraverso la fiction, la natura e l’origine del male e la via per la redenzione.
E Walt Disney, nel 1954, scriveva su Educational Horizons, a proposito del motion picture theater di cui la sua azienda era ormai produttore leader: «The theory that a nominal gap exists between what is generally regarded as “entertainment” and what is defined as “educational” represents, we have long held, an old and untenable viewpoint.»
Ma perché apparisse il termine edutainment, visibile fusione di education e entertainment, bisognerà aspettare il 1973, quando Robert Heyman lo utilizzò per definire i suoi documentari per l’American National Geography Academic Union.
Da allora, l’intrattenimento formativo, soprattutto nel mondo anglosassone, ha cominciato a spopolare e si è differenziato in una miriade di linguaggi e strumenti: talk show politici e di attualità, docu-fiction, infotainment, eventi live, motion-graphics, percorsi museali, public history, mostre digitali (digital exposition), podcast, app, siti web, gamification, digital timeline, …
Il ruolo dell’edutainment nella corporate communication. In un mondo complesso c’è bisogno di senso
Ma non solo. L’edutainment è diventato sempre più metodo di comunicazione corporate. E non semplicemente perché attraverso i canali dell’education entertainment si possono far passare messaggi promozionali e di marketing. Ma perché le aziende hanno sempre più bisogno di comunicare la loro identità, il loro purpose e far conoscere la loro storia, in quanto momento essenziale del progresso civile e sociale dell’umanità.
Pensate ad Eni, per esempio, con cui Cast Edutainment collabora da tempo. Nel 2016 abbiamo proposto il podcast, e da allora l’amore continua con la produzione di contenuti sui mille temi dell’energia firmati dalla grande compagnia dell’energia italiana. Un modo di fare edutainment che unisce le informazioni rilevanti, i progetti innovativi, i contenuti di un universo in continuo cambiamento con podcast audio dal tono di voce leggero e un paesaggio sonoro fortemente coinvolgente.
Oppure a Pirelli, altro importante partner di Cast. Con questa grande compagnia italiana abbiamo realizzato dei video, in un ciclo da cinque puntate, che raccontano la storia aziendale, dalla sua fondazione ad oggi, attraverso una commistione di stili: illustrazioni, immagini d’epoca e motion graphic design. Il tutto visibile sulla sezione History del sito ufficiale dell’azienda. Provate a guardarli: non è solo la storia dell’azienda; ma è anche la storia della scienza e del progresso tra fine Ottocento e durante tutto il Novecento. Oltre che della storia dell’Italia contemporanea.
L’edutainment e la comunicazione come strumenti di comprensione della realtà
Comunicare e fare edutainment, tuttavia, richiedono un importante lavoro di analisi e comprensione del mondo. La divulgazione sta dopo, e più in alto, della ricerca: richiede, in prima battuta, di studiare e comprendere. Lo avevamo già scritto in un recente articolo: esprimere strategia e consulenza di valore richiede un metodo di indagine proprio di analisti e comunicatori che adottano un metodo di ricerca rigoroso e lo applicano attraverso i moderni linguaggi della crossmedialità e dell’edutainment.
Per questo comunicare significa comprendere la realtà. La realtà è difficile da afferrare e complessa da decifrare. Gli esseri umani, come d’altronde molti altri organismi viventi, si sono attrezzati ad affrontare tale complessità attraverso dei sistemi di semplificazione non banalizzante – quelli che Alain Berthoz chiama col nome di semplessità – in grado di rendere il mondo circostante intelligibile ed esplorabile, e di costruire sistemi di comprensione replicabili e flessibili.
La comunicazione richiede una conoscenza adeguata di tale complessità. Talmente approfondita da poterla trasformare, senza perderne gli elementi più importanti, in testi multimediali di facile intelligibilità. Di pari passo con l’evoluzione tecnologica, mutano inoltre le modalità cognitive delle persone: è così che i modelli linguistici di organizzazione del sapere spesso si rivelano non più adeguati alle necessità dei vari pubblici. Devono, cioè, essere sempre in grado di rendere la complessità del reale una “complessità decifrabile”. E non una semplificazione, come si può ben vedere.