La pandemia da covid-19 ha modificato drasticamente l’assetto comunicazione/divulgazione scientifica

L’emergenza Covid-19, ormai è risaputo, ha avuto un impatto globale negli ambiti più disparati; dall’economia, alla politica, alla salute pubblica, alla comunicazione. In particolare, ha inceppato i meccanismi complessi della comunicazione nelle emergenze.

La pandemia ha messo in discussione le nostre abitudini e le nostre sicurezze, lasciando il fianco scoperto a tutta una serie di criticità che riguardano, tra le altre cose, la percezione della realtà.

Abbiamo fame di informazioni. Cerchiamo senza sosta, leggiamo pareri, confrontiamo indicazioni. Ovunque – dal parrucchiere, dal macellaio, tra le corsie dei supermercati – quasi non si parla d’altro. “Quanti morti?” “Di che colore siamo, da settimana prossima?” “Quali sono i sintomi più comuni?”, e ci inondiamo l’un l’altro di informazioni, spesso imprecise o sommarie, che vanno ad accumularsi, generando confusione.

Siamo di fronte a quella che viene definita un’infodemia, cioè il sovraccarico di informazioni provenienti da fonti disparate e non sempre verificabili, di cui abbiamo già parlato diffusamente qui. È naturale, quindi, che si senta la necessità di filtrare la comunicazione, distinguere fonti di informazione universalmente riconosciute da pareri improvvisati, e imparare a “fidarsi” di chi, comunque, ne sa più degli altri.

Sono molti i professionisti sanitari, i divulgatori scientifici e i giornalisti specializzati che si stanno esponendo in quella che è un’estenuante lotta alle fake news. Mai come ora la divulgazione scientifica deve combattere contro una crisi di sfiducia e irrazionalità così tanto diffuse.  E in un mondo in cui il presidente degli Stati Uniti suggerisce di iniettarsi candeggina per combattere il coronavirus, c’è ben poco da scherzare.

Il medico come nuovo host

Il paradigma della comunicazione medico-paziente ha subito una profonda rivoluzione nel corso degli ultimi decenni. Fino a poco tempo fa, infatti, il medico rivestiva all’interno della società il ruolo di luminare, in contrasto con i pazienti, per lo più analfabeti. Se le conoscenze erano percepite asimmetriche, di certo le decisioni dello specialista non venivano contraddette, né contestate. Oggi, invece, la scolarizzazione, l’avvento dei social e l’infodemia – solo per citare tre esempi – hanno irrimediabilmente permesso a persone prive della competenza necessaria, di condividere fake news e di diffondere opinioni alla stregua di fatti. La comunicazione medica ha subito una radicale trasformazione dai risvolti decisamente pericolosi.

Il Covid-19 pare aver creato, forse per la prima volta da molto tempo, una sorta di rinnovato equilibrio tra i ruoli. Da un lato, infatti, il paziente percepisce un bisogno maggiore di capire ciò che sta succedendo a lui o intorno a lui; dall’altro, lo specialista si sforza maggiormente di spiegare al paziente, senza nascondersi dietro tecnicismi di facciata, ciò che questo vuole sapere,  avviando di fatto una interessante trasformazione della comunicazione in medicina.

Il risultato, dal questo punto di vista, è assolutamente positivo. Fioccano professionisti – un nome tra tutti, Roberto Burioni – che mettono letteralmente la faccia per cercare di spiegare, nella maniera più comprensibile possibile, i dubbi e le perplessità che, è lecito, i non addetti ai lavori si fanno. 

Giornalisti con formazione scientifica “traducono” in articoli semplici, studi anche estremamente complessi. Gli ospedali stessi valutano l’importanza della comunicazione chiara e investono in agenzie, creano uffici dedicati alla comunicazione, assumono giornalisti e divulgatori. Vediamo insieme qualche caso concreto.

Divulgazione scientifica: la risposta degli ospedali italiani in tre esempi nel milanese

Il bisogno di sapere, oggi più che mai, è diffuso e condiviso. Per questo molte delle strutture ospedaliere più imponenti del nostro Paese hanno colto al balzo questa necessità e hanno investito tempo, denaro e risorse nella divulgazione corretta e puntuale dei contenuti di natura scientifica. Vediamone tre.

Il San Raffaele di Milano

Il San Raffaele di Milano, polo più importante del gruppo San Donato, ha rivoluzionato, negli ultimi tempi, il modo di fare comunicazione. Partiamo dal sito web. Sopra la barra di ricerca, vediamo con chiarezza la divisione in 5 macroattività:

  • Prenotazioni – che contengono esami con SSN, esami in solvenza, test COVID-19, videoconsulti
  • I nostri dottori – filtrati per area di appartenenza, ma non solo
  • Le nostre sedi – facilmente filtrabili a seconda della provincia che interessa
  • Chi siamo – che contiene, tra le altre cose, informazioni sulla storia del gruppo ospedaliero
  • News – una raccolta di tutti gli articoli prodotti di recente.

Non è necessario essere nativi digitali, per esempio, per prenotare un esame, cercare uno specialista o leggere gli ultimi articoli prodotti.

Dato il periodo, comunque, il sito è arricchito da una serie sezioni dedicate al Covid-19, che rimandando alle landing page dedicate alla prenotazione degli esami.

Fondazione Veronesi

La Fondazione Veronesi ha un approccio differente rispetto al San Raffaele: la schermata home è decisamente concentrata sull’invitare gli avventori a partecipare alla donazione per sostenere la ricerca – cosa che, del resto, è il punto cardine della fondazione. Grande attenzione è data anche  alla figura di Umberto Veronesi.

Le sezioni sono anche qui molto chiare – Fondazione, Ricerca, Impegno, Conferenze, Magazine, Come aiutarci – ed è altresì presente una barra di ricerca facile da individuare. 

In particolare, la sezione Magazine contiene una gran quantità di articoli, divisi per area medica di riferimento, scritti da giornalisti professionisti, spesso in collaborazione con gli specialisti che lavorano nella struttura.

Molto interessante è, tra le altre cose, lo spazio dato ai ricercatori, di cui scopriamo nomi, vediamo le fotografie e leggiamo i pensieri: un modo ingaggiante di “metterci la faccia” come azienda a partire dai propri dipendenti.

Humanitas

Humanitas, è risaputo, investe nella comunicazione parecchie risorse (basti pensare che, a differenza di altre strutture, consta di una serie di uffici adibiti alla comunicazione intra ed extra aziendale). 

Numerosi i canali e i siti web della struttura: a seconda del pubblico di riferimento, infatti, sia che si tratti di pazienti, sia che si tratti di specialisti, Humanitas propone una serie di canali differenti.

Per esempio, il sito web Humanitas Salute nasce come web magazine del gruppo ed è destinato a condividere tutti quei contenuti di natura divulgativa, ma non perde l’occasione di proporre titoli dal taglio più “pop”, su misura del paziente non specialista che, però, può sentirsi partecipe e ascoltato.

Il sito web humanitas.it, invece, è più simile ai precedenti, si concentra maggiormente sugli specialisti e sulla prenotazione degli esami, senza però dimenticare gli articoli, dal taglio leggermente più tecnico rispetto a Humanitas Salute, ma comunque accessibile. 

Si aggiungono i siti relativi alle diverse strutture specifiche, che ne ricalcano comunque le intenzioni. 

Qualunque sia il canale utilizzato, ogni articolo che esce nei siti Humanitas propone il bottone “Prenota una visita”, che permette di connettersi direttamente con lo specialista autore del testo.

Il ruolo fondamentale dell’edutainment nella formazione degli specialisti sanitari

Queste nuove forme di divulgazione medica, così come quelle più generalmente scientifiche, sono strettamente collegate al metodo dell’edutainment di cui la nostra azienda è pioniere. In un mondo piagato dall’infodemia, una comunicazione precisa, documentata e affidabile ha bisogno di ingaggiare un pubblico costantemente esposto a informazioni di qualsiasi tipo provenienti dai più disparati media. È per questo motivo che la divulgazione medica e l’educazione scientifica hanno sempre più bisogno di essere crossmediali e di ricorrere agli strumenti della semplessità e dell’edutainment.