Educare, comunicare, informare. Da sempre una priorità per le imprese.

Dagli albori della rivoluzione industriale ad oggi, l’innovazione è stata il motore della crescita e dell’ideazione di soluzioni capaci di portare ricchezza e benessere. Comunicare la visione è sempre stato il nodo cruciale per un’impresa. Più che l’invenzione in sé, è la sua stessa rappresentazione che genera trasformazione. Puntuale, davanti a ogni cambio di paradigma, si è manifestata la necessità di comunicare in modo efficace il valore dell’innovazione nella vita di tutti i giorni. Lo stesso Henry Ford dovette faticare a far comprendere che la nascente industria dell’automobile avrebbe portato grandissimi vantaggi alla mobilità individuale, verso una società profondamente ancorata al trasporto animale, così come Thomas Alva Edison si impegnò in grandi tour promozionali per far comprendere l’importanza dell’elettricità nella vita di tutti i giorni. Ancor prima della forza industriale, era l’energia dell’immaginazione a smuovere le coscienze.

Sono esempi di scuola che tuttavia implicano un’attenta lettura dello stato di realtà e un’interpretazione profonda delle esigenze della comunità di riferimento. I due pionieri che abbiamo citato sono innanzitutto dei grandi osservatori della realtà e hanno trovato le soluzioni per imprimere una velocizzazione epocale alla storia dell’uomo. Poi ci sono altri imprenditori, diremmo geni – per uscire dalla normale rappresentazione del business man – come Steve Jobs, che non partono dalla necessità di risolvere un problema; ma dall’immaginazione di nuovi mondi che prima non esistevano, costruendo  ipotesi fascinose e modelli di vita seducenti. Anche in questo caso comunicare la visione è stato fondamentale per generare empatia, condivisione, per unire attraverso l’emozione milioni di persone attorno a un’idea di futuro. Prendi ad esempio il pitch di presentazione dell’iPhone nel lontano 2007. Un momento nel quale lo storytelling di Steve Jobs giunge al suo massimo livello, un momento di vero edutainment, poi superato in lirismo e filosofia di vita dal il discorso alla Stanford University.

C’è la visione degli uomini e poi c’è quella comunicata da un’organizzazione. Recentemente assistiamo a un sempre maggiore impegno delle imprese nella produzione di contenuti utili a rappresentare il proprio scenario, a comunicare la visione. In un momento di incertezza sotto tanti punti di vista, di profonda debolezza della politica, è proprio dalle imprese il compito di indicare la strada del futuro. E molte aziende non si sono sottratte, anche a costo di esprimere punti di vista non proprio ecumenici. Anzi divisivi.

La content production delle aziende è un fenomeno assolutamente maturo, che coinvolge giornalisti, professionisti della comunicazione che mettono se stessi al servizio di un punto di vista. Necessariamente interessato. Ma chi non è portatore di interessi?

Eni, Intesa San Paolo, Adecco Group, persino un’azienda del food ha un’idea del futuro di un paese e lo esprime per accrescere la propria reputazione, percepibile attraverso i prodotti. 

Non è una novità. Ma se non fosse tutto qui? Se occorresse un nuovo cambio di paradigma? Se fosse necessario trasformare i linguaggi, permettere ai concetti di superare i limiti della comunicazione corporate ed entrare nei nuovi modelli cognitivi delle generazioni digitali? L’edutainment è un nuovo paradigma e si declina anche nella comunicazione aziendale. C’è bisogno di formare, creare cultura d’impresa, offrire modelli credibili di sviluppo.

Il trend: la content creation trasforma le aziende in editori

Ormai lo abbiamo assimilato. Comunicare la visione è un presidio costante delle aziende che vogliono dimostrare dinamismo, solidità, sguardo verso il futuro. Attraverso i loro prodotti-servizi, abbracciamo uno stile, un modello di vita. Andiamo a rappresentare, più che uno status sociale ed economico, la nostra personale visione del mondo. 

Molte aziende, e da questo osservatorio lo abbiamo rilevato spesso, hanno generato presidi permanenti nella produzione di contenuti giornalistici, i cosiddetti branded content, nei quali prendersi il tempo necessario per spiegare scelte che altrimenti sarebbero state demandate alla mediazione giornalistica, con le inevitabili divergenze, differenze di sfumature, quantomeno, che vanno ad alterare il senso di una strategia.

Sappiamo come la comunicazione d’impresa non sia più un flusso univoco “one to many”, ma implichi il dialogo diretto con i diversi portatori di interesse, gli stakeholder, per inchinarci alla dominanza linguistica anglosassone.

Comunicare la visione è pertanto un momento dinamico nella vita di un’impresa che offre motivazione a cambi di strategie, prese di posizione, dibattito politico.

prendiamo ad esempio il dibattito sulla carenza di lavoratori agricoli stagionali quest’estate, a causa della chiusura delle frontiere per molti lavoratori stranieri. Molti osservatori hanno avanzato il suggerimento che venissero invitati a presentarsi i percettori del reddito di cittadinanza. Subito molte aziende conserviere, impegnate nelle campagne estive di raccolta per il settore del pomodoro, si sono affollate a esprimere il proprio punto di vista, ora contrario, ora a favore, per entrare a pieno titolo nella discussione su quale direzione voler imprimere alla politica economico industriale del paese.

Oppure prendiamo in considerazione il mondo del lavoro: Adecco ha da alcuni anni un proprio blog intitolato Morning Future nel quale dà voce al proprio punto di vista sulle politiche del lavoro e della formazione avanzate dall’attuale governo, spesso con voce non pienamente accondiscendente, anzi!

Alla faccia dell’uniformità al pensiero unico o a quello del governo di turno.

Eni, che in Cast Edutainment conosciamo bene, produce costantemente contenuti che informano, educano, offrono continue evidenze a una visione della transizione sostenibile da un modello di crescita basato sulle energie fossili a uno più sostenibile ma equo, grazie alla cosiddetta Just Transition. Punti di vista? Interessi economici? Può darsi. Ma il dato è incontrovertibile: è cambiato il paradigma della comunicazione d’impresa. Oggi l’impresa comunica da sola, meglio e con maggiore credibilità attraverso i propri canali di comunicazione. 

L’azienda è un editore. Produce carta, blog, video, post. In una parola l’azienda fa comunicazione. Si affaccia così a un grande cambiamento. Diventa essa stessa editore multidimensionale.

Il salto di qualità: la content creation diventa edutainment

Da ormai un anno Cast Edutainment ha avviato un processo di trasformazione del proprio modello di business da azienda di comunicazione a editore indipendente, produttore di contenuti di intrattenimento, erogatore di programmi di formazione. In pratica forniamo servizi di comunicazione per le imprese e il pubblico. Anche noi riteniamo di dover comunicare la visione che ci anima, al pari di un’azienda che non fa comunicazione come business primario. Diremmo anche al pari di un editore tradizionale: non c’è differenza. Oggi gli editori dispongono di canali televisivi, gestiscono portali web, hanno radio, sono produttori di podcast. Interpretano così il ruolo di editori multidimensionali proprio come possono e devono fare organizzazioni complesse, ordini professionali, associazioni.

Abbiamo imparato la lezione e forse negli ultimi anni si è scardinato quel muro trasparente, spesso rappresentato dal vetro del televisore, che contrapponeva il pubblico pagante ai rappresentanti del contenuto. Non ce ne vogliate, ma pensiamo proprio a quella parte di giornalismo che si è trincerata dietro rendite di posizione dimenticando completamente il ruolo di controllore di chi gestisce il potere.

Anche le aziende non esprimono più compiacimento davanti a un articolo che si esprime con toni eccessivamente elogiativi nei confronti del “committente” (non diciamoci la frottola che gli articoli su commissione siano l’eccezione). Il punto è che questo equilibrio sottile si è rotto e le aziende hanno imparato a gestire da sole il dialogo con gli stakeholder attraverso una comunicazione istituzionale trasparente, a volte dura, necessariamente onesta.

Il contributo di senso in un contesto multidimensionale

I nostri progetti di comunicazione, i nostri contenuti per le imprese, il modo con il quale interpretiamo il ruolo di narratori in qualsiasi contesto ci venga richiesto, risponde a un nuovo paradigma di indipendenza, che si fonda su tre principi basilari: comprensione della realtà, generazione di un percorso di senso, utilizzo di tutti i linguaggi di intrattenimento capaci di entrare in contatto con il pubblico, nelle modalità che lo stesso pubblico usa quotidianamente, grazie alla tecnologia che è diventata parte integrante delle nostre vite.

Diventare un editore è quindi una necessità che prendiamo con grande serietà e impegno. Consci del rischio della perdita di indipendenza, laddove il conflitto di interessi dovesse presentarsi in tutta la sua contraddittorietà, ma appassionati, consapevoli di star esplorando un mondo nuovo, di offrire un contributo a descrivere un futuro che non c’è, ma che può già dispiegare i suoi magici effetti grazie al costante esercizio di comunicare la visione.